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Blitz antiusura a Palermo, pure Marco Baldini tra le vittime della banda

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Tra le vittime della banda di usurai, sgominata oggi dalla guardia di finanza di Palermo, c’era anche il conduttore radiofonico Marco Baldini. È quanto emerge dall’operazione Tonsor che ha portato all’esecuzione di cinque misure cautelari personali e al sequestro di beni per 500mila euro. Il gruppo criminale operava tra Roma e Palermo e a capo c’era, secondo gli investigatori delle Fiamme Gialle, Salvatore Cillari, fratello di un boss ergastolano.

Nel 2017 Baldini finisce nella sua rete e dalle intercettazioni emerge come a giugno del 2018 il conduttore radiofonico dovesse ancora restituire circa 60mila euro. Non sapendo di essere intercettato, infatti, uno degli indagati rivela: “Avanza un terremoto di soldi… Questo Marco Baldini… questo di Roma… ci deve dare (a Salvatore Cillari, ndr) sessanta e rotti mila euro… ora domenica parte… ci ha telefonato… vedi che sto salendo… ti sto venendo a rompere le corna”.

È il 24 gennaio del 2017 quando Cillari chiama Baldini.Sti soldi, com’è finita Marco? Manco una lira… Cazzo della miseria Marco… manco mille lire”, si lamentava, avvertendo il suo interlocutore: “Io qua a Roma sto”. “Allora domani ci vediamo, stai tranquillo“, rispondeva Baldini. Tre mesi dopo Cillari continuava a incalzarlo: “Mi dai sempre delle notizie, poi invece mi lasci in asso. Tu dici che dovevi prendere i soldi… sono passati sette mesi… non prendi nulla… anzi quasi un anno”.

Davanti alle giustificazioni del suo interlocutore Cillari taglia corto: “Marco io so solo una cosa… io ti ho fatto solo del bene a te“. A giugno del 2018 l’ennesima telefonata: “Sono passati anni, ora basta Marco. Non è giusto che mi posi così perché io me li sono levati dalla bocca… Vedi che io ti ho voluto bene e ti ho rispettato come un fratello Marco… e tu non mi puoi trattare così”. 

Ma tra le vittime della banda, c’erano soprattutto imprenditori del settore del commercio di mobili e dell’antiquariato in difficoltà Tra gli indagati, che devono rispondere, a vario titolo, di associazione a delinquere, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, usura, estorsione e autoriciclaggio, anche Giovanni Cannatella, 49 anni, antiquario di Palermo. “Era uno dei soggetti che collaborava nella ricerca delle persone in difficoltà”, spiegano gli investigatori delle Fiamme gialle.

La banda operava tra Palermo e Roma, dove il punto di riferimento era costituito da Achille Cuccia, 61 anni, raggiunto dal divieto di dimora nel territorio del Comune di Palermo. A capo del gruppo, invece, c’era Salvatore Cillari, i suoi complici lo chiamavano “succhiasangue” e dalla sua poteva contare su “parentele eccellenti”. “Tre dei suoi fratelli sono stati condannati per mafia, uno all’ergastolo. Il collegamento con Cosa nostra emerso dalle indagini è solo familiare”, dicono ancora gli inquirenti. “La banda applicava tassi di interesse sino al 140 per cento annuo e per convincere i creditori più ‘riottosi’ non esitava a ricorrere alle minacce. Abbiamo ricostruito forme di pressione psicologica tramite minacce verbali, gli indagati erano pronti a recarsi a casa delle loro vittime e facevano loro capire che non andavano per discutere”.

 

 


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