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Istat: “Disoccupazione in calo”, ma basta un’ora (anche gratis) per risultare attivi

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Ad aprile il tasso di disoccupazione scende al 5,9% (-0,2 punti), quello giovanile al 19,2% (-1,2 punti). Il calo delle persone in cerca di lavoro (-3,1%, pari a -48mila unità) riguarda entrambe le componenti di genere e tutte le classi d’età ad eccezione dei 25-34enni, tra i quali il numero di disoccupati è sostanzialmente stabile. Lo comunica l’Istat. Similmente, la crescita degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+0,3%, pari a +39mila unità) coinvolge uomini, donne e tutte le classi d’età tranne i 25-34enni, per i quali il numero di inattivi è in calo. Il tasso di inattività sale al 33,2% (+0,1 punti). Confrontando il trimestre febbraio-aprile 2025 con quello precedente (novembre 2024-gennaio 2025), si registra un aumento di 96mila occupati (+0,4%).

Nel confronto trimestrale, diminuiscono le persone in cerca di lavoro (-3,4%, pari a -55mila unità) e gli inattivi di 15-64 anni (-0,4%, pari a -44mila unità). Ad aprile il numero di occupati, pari a 24 milioni 200mila, è stabile rispetto al mese precedente. Aumentano gli autonomi (5 milioni 182mila) e i dipendenti a termine (2 milioni 652mila), mentre diminuiscono i dipendenti permanenti (16 milioni 366mila). L’occupazione cresce rispetto ad aprile 2024 (+282mila occupati), come sintesi della crescita di dipendenti permanenti (+345mila) e autonomi (+110mila) e del calo dei dipendenti a termine (-173mila). Su base mensile, il tasso di occupazione è stabile al 62,7%, quello di disoccupazione scende al 5,9% e il tasso di inattività sale al 33,2%.

MA È DAVVERO COSÌ? I tg nazionali aprono con regolare frequenza con la notizia che l’occupazione in Italia è in crescita, ma è davvero così? Non proprio. Per l’Istat, infatti, è “occupato” chi ha lavorato anche solo un’ora a settimana: un dato che dice poco sulla qualità del lavoro. L’occupazione dipende da fattori economici generali, non solo da leggi sul lavoro. D’altra parte è vero che questo metodo di calcolo viene utilizzato anche nel resto dell’Ue. Nel dettaglio: secondo la definizione adottata dall’Istituto, una persona è considerata “occupata” se, nella settimana di riferimento dell’indagine, ha svolto almeno un’ora di lavoro retribuito oppure un’attività non retribuita in ambito familiare.

In linea con gli standard internazionali dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) e con quelli europei, sono classificate come occupate le persone di 15 anni e più che, nella settimana presa in esame: hanno svolto almeno un’ora di lavoro retribuito, in denaro o in natura; hanno lavorato almeno un’ora senza retribuzione nell’impresa di un familiare; erano temporaneamente assenti dal lavoro (ad esempio per ferie o malattia), ma con diritto alla retribuzione o con un’assenza non superiore ai tre mesi. Questa definizione ha lo scopo di rendere le statistiche comparabili a livello internazionale.

Tuttavia, può fornire una rappresentazione parziale della realtà del mercato del lavoro, poiché include anche chi ha lavorato solo un’ora nell’arco di una settimana, senza necessariamente disporre di un reddito stabile o adeguato. Per avere un quadro più completo della situazione occupazionale, è utile considerare anche altri indicatori, come: il tasso di sottoccupazione, che misura quanti lavorano meno di quanto vorrebbero; l’occupazione equivalente a tempo pieno (FTE), che esprime le ore lavorate in termini di posti a tempo pieno; la distribuzione delle ore lavorate, utile per capire quanto lavorano effettivamente le persone classificate come occupate. Questi dati contribuiscono a descrivere in modo più accurato sia la quantità che la qualità del lavoro svolto.

 


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