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Escalation di sangue in Medio Oriente, l’Iran lancia 100 droni contro Israele

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Il portavoce dell’IDF ha dichiarato che “l’Iran ha lanciato oltre 100 droni contro Israele” e che l’esercito è attivamente impegnato nelle operazioni di intercettazione. Secondo le previsioni delle Forze di Difesa israeliane, i droni dovrebbero raggiungere il territorio israeliano entro tre-cinque ore. L’IDF ha inoltre comunicato che l’Aeronautica militare si sta preparando all’eventualità di un attacco missilistico coordinato da parte dell’Iran, che potrebbe avvenire in concomitanza con l’arrivo dei droni. L’Iran ha deciso di lanciare un contrattacco contro Israele in risposta diretta a un’operazione militare su larga scala condotta da Tel Aviv nelle ore precedenti. Il raid israeliano, descritto come un “assalto preventivo”, ha colpito sei obiettivi strategici in cinque città iraniane, tra cui l’impianto nucleare di Natanz — fulcro del programma di arricchimento dell’uranio iraniano — e diverse postazioni militari nei pressi di Teheran.


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Da un punto di vista iraniano, l’attacco ha rappresentato una violazione della sovranità nazionale e un atto di guerra contro infrastrutture civili e militari vitali, inclusa la capitale. Oltre ai danni materiali, nei raid è stato ucciso anche il comandante delle Guardie Rivoluzionarie Hossein Salami, figura di primo piano nel sistema di difesa iraniano. La sua morte ha acceso ulteriormente il sentimento di rivalsa nel Paese. Teheran ha dunque considerato l’offensiva israeliana non solo un’aggressione ingiustificata, ma anche un attacco deliberato volto a minare la sicurezza nazionale e la capacità di deterrenza strategica dell’Iran. Il Ministero degli Esteri iraniano ha rivendicato il “diritto legittimo alla risposta” sulla base delle convenzioni ONU e ha accusato anche gli Stati Uniti di complicità, pur in assenza di prove concrete di coinvolgimento diretto.

I motivi principali del contrattacco iraniano. Difesa del territorio, della propria sovranità e deterrenza nucleare e militare, messa in discussione da un’azione percepita come preventiva ma aggressiva. Mandare un segnale politico e militare, sia interno che internazionale, mostrando di non essere disposto a subire passivamente operazioni su vasta scala condotte da Israele. Un contrattacco che rappresenta anche una scelta simbolica e strategica per ristabilire l’equilibrio nella dinamica di forza tra i due Paesi.

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