Traffico di droga, corse clandestine di cavalli, associazione mafiosa. I carabinieri del Comando provinciale di Messina hanno dato esecuzione ad ordinanze di misure cautelari emesse dal gip , su richiesta della Dda di Messina, nei confronti di 33 persone.
L’operazione ha consentito di disarticolare un gruppo criminale facente capo al clan mafioso messinese Galli e di individuare una rete di distribuzione di sostanze stupefacenti in azione in vari quartieri della città dello Stretto. L’indagine ha anche documentato il controllo del gruppo mafioso sul business delle scommesse illecite sulle corse clandestine di cavalli organizzate di notte sulle strade di città e extraurbane di Messina.
Le accuse sono di associazione di tipo mafioso, corse clandestine di cavalli, scommesse clandestine su competizioni sportive non autorizzate, maltrattamento di animali, trasferimento fraudolento di valori, estorsione, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, spaccio di sostanze stupefacenti.
Ci sono le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia alla base dell’inchiesta della Dda di Messina. Il pentito ha fatto i nomi di ulteriori 7 affiliati alla cosca e le sue dichiarazioni hanno permesso di ricostruire il ruolo della mafia nell’organizzazione delle corse clandestine di cavalli e nella gestione delle relative scommesse illecite.
Le indagini hanno fatto emergere il ruolo di Giuseppe Irrera, commerciante di prodotti ortofrutticoli e genero di Luigi Galli, capo storico della famiglia. Sarebbe stato proprio il suocero, da anni al 41 bis, a cedere la gestione del sodalizio a Irrera.
Alcuni degli arrestati – Francesco Vento, Maria Munnia, Salvatore Vecchio e Giuseppe Galli – si occupavano di accudire e preparare i cavalli, sottoponendoli agli allenamenti. Determinante anche il ruolo di un veterinario compiacente che si occupava di somministrare ai cavalli farmaci per migliorarne le prestazioni.
Gli stessi si occupavano di raccogliere le scommesse e dei successivi pagamenti. Le corse clandestine si svolgevano di notte, in pochissimi minuti, su strade cittadine ed extraurbane che venivano rapidamente chiuse al transito da gruppi di giovani a bordo di scooter con l’obiettivo di consentire lo svolgersi delle competizioni ma anche di rallentare l’eventuale intervento della polizia.
Il clan inoltre, secondo gli investigatori, si rapportava a quello dei Santapaola di Catania per regolare i rapporti e le controversie sulle gare clandestine tra scuderie messinesi e catanesi, effettuate nei territori di confine tra le due province.