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Stop a cosmetici e botox, meglio la donna acqua e sapone. E la ripresa economica? | Editoriale

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Con le crescenti manifestazioni nelle piazze di quanti ritengono che l’obbligatorietà del Green pass sia una limitazione alle libere scelte, una provocazione si fa strada contro la libertà delle donne, e già determina dibattiti inaspettati nelle tv. In campo scendono alcuni social, che ignorano la corretta e obiettiva informazione giornalistica sulla realtà che ci circonda e impazzano con pensieri bizzarri e gossip contro la moda femminile per segnare, qualora non ci fosse un improvviso ripensamento sulle strane idee, una svolta in negativo di non poco conto: niente più rossetti, massaggi tonificanti, profumi, ciprie, creme per cancellare le rughe, ritocchi alle ciglia e sopracciglia, pettinature a colori.

E c’è anche il suggerimento di allungare gonne e pantaloncini da passeggio sui lungomare ritenuti troppo corti. Resisterebbero al momento,  la moda del tatuaggio e delle sensuali e ammirevoli scollature, come estremo baluardo a difesa della vanità. La moda è un modo di agire, di comporsi, ma ha un tempo determinato: nasce e muore nel giro di qualche anno, a seconda dei capricci coinvolgenti dei suoi inventori. Ad esempio: la moda dei capelloni negli anni ’70 chi se la ricorda più? O quella dei pantaloni a zampa di gallina? Gusti costruiti e alimentati con intelligenti forme pubblicitarie. La moda segna solchi positivi e negativi e rappresenta un  fatto di costume in continuo movimento alla ricerca della perfezione.

Ma ora i social – non tutti, per fortuna – dediti all’arbitrario coinvolgimento collettivo e che, in una sorta di voce porta a porta via Internet,  cercano più spazio di convincimento, entrando di prepotenza nel mondo della bellezza femminile per sovvertire il valore culturale che ogni nuova moda ci offre. La donna è bella senza correttivi, affermano quei social. Ma anche gli uomini, precisano, devono cambiare: giovani e maturi, palestrati e tatuati, sono avvertiti. Ma avanza l’ipotesi secondo cui la provocazione abbia motivazioni estremiste (e quindi strategiche) che tendono al ritorno dal mondo femminile colorato e ricco di vitalità, a un’epoca dagli inizi alla metà del ‘900 da dimenticare anche se rimane nelle fotografie in bianco e nero, gelosamente conservate, tra i ricordi più cari e emozionanti di famiglia; sarebbe un notevole passo indietro nel cammino della società culturale che fa tendenza, come tutte le mode nel tempo che si evolve, nel segno delle libere e spontanee scelte relazionali.

Pertanto, c’è il rischio, se la provocazione riuscisse nel suo intento, di tornare al grigiore dell’antico, dai volti sofferenti, rugosi, ai sorrisi timorosi e appena accennati, alle pettinature semplici; soprattutto, rischiano la produzione di cosmetici e dei profumi, si rischia la crisi dei punti vendita di creme antirughe, quella dei parrucchieri per signore, “zite e maritate” (fidanzate e sposate, ndr), single e ragazze, e rischia pure la vasta gamma di riviste patinate dedicate al mondo delle donne in cui le tante e diverse Marilyn Monroe sarebbero escluse. Un intero pianeta economico sul quale si abbatterebbe, oltre ai deficit di incasso in conseguenza del Covid, la mannaia del mancato commercio. Problemi che crescono, in questo momento nel quale, secondo il Governo, l’economia è in ripresa e il cammino della produzione industriale dà segni di risveglio.

Il quesito “donna bella al naturale o truccata” è, quindi, rimbalzato negli studi televisivi, tra i quali quello di Rai1 in una trasmissione mattutina conduttrice Roberta Capua, con  dibattiti in cui più di una ospite ha ammesso che effettivamente qualche “ritocchino” va eseguito per nascondere il passare del tempo ma che, comunque, la donna è sempre bella anche senza ritocchi e pettinature a varie tinte. La provocazione è il nuovo tema del giorno da risolvere con prudenza e responsabilità da parte delle stesse donne chiamate in causa; la strada è appena tracciata e la sfida è perciò lanciata.

Ma si giungerà anche all’abolizione del bikini per tornare al costume intero stile anni ’40? La storia del bikini non è solo storia recente della libera moda femminile; risale, invece, all’a.C. a quando le donne egiziane, greche e romane andavano a bagnarsi in mare o nei fiumi con indosso il costume a due pezzi. Lo documentano immagini murarie trovate durante scavi archeologici. Ai due pezzi fu dato, nel 1935 in Italia, il nome di Bikini per poi essere vietato, unitamente all’uso al mare del costume, dal Ventennio fascista e recuperato negli anni ‘60.

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