Vladimir Putin arriva al Cremlino il 31 dicembre del 1999 e ci rimarrà, da oggi è certo, fino al 2030, e se lo vorrà, anche fino al 2036. A chiamare l’allora Premier ad assumere la carica di Presidente facente funzione era stato, a sorpresa, Boris Eltsin che aveva contemporaneamente rassegnato le sue dimissioni. Quello stesso giorno a Putin erano state consegnate la valigia con i codici nucleari, una copia della Costituzione russa – che modificherà più volte per consolidare ed estendere il suo potere – e l’emblema del Presidente. La prima prova delle urne per l’ex agente del Kgb a Dresda arriva pochi mesi dopo, il 26 marzo del 2000.
Vince le elezioni con il 53 per cento dei voti. Ma la sua popolarità andrà genuinamente crescendo negli anni, complice l’aumento dei prezzi di petrolio e gas che consentono una spesa crescente per finanziare pensioni, stipendi dei dipendenti pubblici e progetti. Nel 2008, esauriti i due mandati da Presidente previsti dalla Costituzione, l’ex direttore dell’Fsb annuncia il primo cambio di poltrone con il Premier Dmitry Medvedev. Che pochi mesi dopo l’approdo al Cremlino ripaga il favore introducendo una legge che precisa come i due mandati limite debbano considerarsi come consecutivi ed estende il mandato del Presidente da quattro a sei anni.
Un passo che consentirà il secondo cambio di poltrone fra Madvedev e Putin che, nel 2012, si ripresenta per il suo terzo mandato al Cremlino, in un clima nuovo e più scuro. Le proteste di piazza a Mosca e San Pietroburgo a cavallo fra il 2011 e il 2012 contro i brogli alle ultime elezioni legislative, il balletto fra Putin e Medvedev, le ruberie di Russia unita, definito in quei mesi il partito dei ladri e dei truffatori da Aleksei Navalny, portano all’inizio di repressioni politiche con l’introduzione di nuove leggi, come quella sulle ong agente straniere.
Nel 2018 Putin affronta le urne per la quarta volta. Viene rieletto con oltre il 76% dei voti in elezioni che l’Osce giudica “prive di reale competizione” e in cui rileva “pressioni sugli elettori” ma che per il Cremlino rappresentano una celebrazione della maggioranza che si è creata nel paese dopo l’annessione della Crimea, il cui quarto anniversario, non a caso, coincide con il giorno di apertura delle urne. All’inizio del 2020 Putin presenta un nuovo emendamento della Costituzione, che sarà poi ratificato in un referendum, che consente agli ex Presidenti in vita, quindi a lui e a Medvedev, di vedere azzerati i loro mandati. Quindi che gli consente di ripresentarsi nel 2024. Ma anche nel 2030. Quella che fino a oggi era solo una possibilità, è stata confermata. Putin si ripresenterà al voto che si terrà fra il 15 e il 17 marzo, tre giorni per aumentare l’affluenza alle urne. Unica incognita anche di questo voto.