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Lavoro, imprenditori e sindacalisti nei guai per estorsione e autoriciclaggio

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Beni per un valore di circa un milione di euro sono stati sequestrati dai carabinieri del Comando provinciale di Trapani e del Nucleo ispettorato del lavoro a sei persone ritenute responsabili di concorso in truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Si tratta di due amministratori, due dirigenti di una nota società palermitana proprietaria di un supermercato a marchio Conad con sede a Trapani, e di due sindacalisti.

In particolare è stato disposto il divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriale e la professione di conciliatore sindacale. Scattato anche il sequestro preventivo di circa mezzo milione di euro, quale profitto illecito dei reati di estorsione e autoriciclaggio.

Le indagini, coordinate dalla Procura di Marsala, hanno permesso di accertare che, utilizzando ditte attive solo sulla carta, erano state falsamente assunte 241 persone, per lo più di provenienza nordafricana (che risponderanno di concorso nella truffa in parola), in prossimità della scadenza del permesso di soggiorno per percepire le indennità a favore del reddito.

I finti lavoratori, a loro volta, si erano impegnati a versare ai titolari delle finte ditte la metà del valore delle indebite indennità, quali, ad esempio, quella per la disoccupazione, pur non avendo mai lavorato nemmeno per un giorno.

Gli indagati avrebbero costretto numerosi lavoratori, dietro la minaccia implicita del licenziamento, a presentare le dimissioni e ad accettare buste paga con somme inferiori rispetto a quelle che avrebbero dovuto ricevere per l’attività effettivamente svolta. Il tutto con la complicità di due sindacalisti scelti dalla stessa società per la disponibilità dimostrata nei confronti dell’azienda.

L’attività di indagine delle Fiamme Gialle ha avuto origine da un controllo in materia contributiva e previdenziale nei confronti del supermercato, che ha permesso di far luce su prestazioni lavorative, non retribuite, notevolmente difformi da quanto previsto dal contratto di lavoro.

Gli indagati, approfittando della situazione del mercato del lavoro a loro favorevole – dicono le Fiamme Gialle – costringevano numerosi lavoratori, con la minaccia implicita del licenziamento e della mancata riassunzione, ad accettare la corresponsione di trattamenti retributivi non adeguati alle prestazioni effettuate e a presentare dimissioni indotte”.

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